4 ott 2011

Volo 23

Cadendo dalle scale, mi sveglio di soprassalto. Sono seduto sul mio posto.
Volo 23. Ecco perché ho sognato la stanza 23, ho sempre avuto paura di volare. Accanto a me una bella figa rossa.
Signorina, posso offrirle da bere?
Certo. Mi chiamo Shenya.
Piacere, sono Mark. 
Signor Mark, chi la aspetta a Washington?
Solo lavoro. A lei?
Oh, viaggio di interesse, per vedere la città.
Immagino quanto possa essere interessante la città.
Non le piace?
Non quanto New York.
 Arriva da bere. Un volo bruttissimo. Turbolenza infinite. Ogni due minuti un balzo dal sedile. Stiamo tutti con la cintura. Il viaggio và avanti così. Poi affiorano i ricordi. Era davvero un sogno quello del manicomio, o sono morto per l'ennesima volta?
Soprattutto sono conscio del fatto che morirò anche questa volta, ma non ho idea di come.
Quindi, cercherò di sopravvivere per l'ennesima volta. Allungo lo sguardo verso Shenya all'ennesima botta durante il volo. Calano le mascherine. Mi dà la mano. Le hostess urlano. Era prevedibile. Mi alzo, ma Shenya mi blocca.
Fammi sentire donna per l'ultima volta!
La mia voglia di passarle una camicia da stirare passa in secondo piano. Me la potrei trombare, ma sò che posso fare altro. Apro la mia valigia. Abbiamo ancora qualche minuto. Tutti urlano, si agitano, io riesco a vedere lo scorrere del tempo. Prendo il trench, e la maschera. Saluto Shenya, ed esco. Il motore quasi mi risucchia, ma mi crescono le ali. Il mio corpo si adatta non solo per non farmi schiantare, ma per non farmi soffrire la velocità.  Riesco ad aggangiarmi con una gamba alla coda dell'aereo, la gamba diventa di ferro. Faccio prendere all'aereo la direzione giusta, verso il mare. Il mio copro si disintegra lentamente. Ho esagerato e raggiunto il limite? Avevo o avrò dei limiti? Non lo saprò mai.

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